
Chi è nato a Venezia ha una naturale inclinazione alla relazione col genere umano. Chi ha vissuto San Marco sin da bambino, ha una veduta unica al mondo da cui trarre ispirazione. Chi, come Ludovico De Luigi viene da una famiglia di pittori, aperta alle problematiche culturali e all’influenza dell’arte moderna, non poteva che distinguersi nelle proprie opere. La sua vocazione artistica, matura attraverso diverse esperienze. Dopo un’iniziale formazione compiuta nell’atelier del padre Mario, vive per un periodo a Torino e a Roma, decidendo poi di trasferirsi in Francia. In questi anni si applica intensamente al disegno e alla rivisitazione dei maestri del passato, ricercando contemporaneamente un proprio linguaggio autonomo. Si interessa inoltre alle scienze naturali, in particolar modo all’entomologia, di cui si trova traccia nei dipinti. Così, un uomo nato tra nell’Interwar period da fatto suo il patrimonio pluri prospettico della pittura proponendosi, contrariamente all’arte del suo concittadino Canaletto, non come vedutista, ma come svedutista, termine coniato ad hoc dalla critica internazionale per la sua poetica, fatta di originalità e ribaltamento dei canoni classici. A partire dai primi anni Cinquanta, potreste trovare in giro per il mondo quadri proiettati in più epoche storiche. Non mancano una Venezia gremita d’insetti, delle sculture bronzee equestri originate dalla sua esperienza statunitense, un interesse per la dimensione onirica e psicanalitica e l’ultima e più suggestiva frontiera, soprattutto per un novantenne che è tornato a casa solo perché cittadino del mondo: l’utilizzo del computer e delle nuove tecnologie funzionali alla pittura.
