STREET ART E IMPRESA

STREET ART E IMPRESA

La urban street art italiana ha un’esclusività: abbellire il paesaggio cittadino in funzione del passeggio cittadino. La densità diffusa di opere d’arte è interconnessa alle metropoli che la ospitano, caso unico al mondo. Probabilmente questo è il messaggio più profondo della street art made in Italy. Il pubblico non è ancora totalmente pronto a coglierne il valore e la profondità, poiché non ancora educato alla novità, all’innovazione. Il caso più emblematico è quello di Berlino, dove in quasi ottant’anni è avvenuto un evento prodigioso. Una grande capitale europea bombardata, rasa al suolo, della quale restano solo pochi edifici precedenti al 1945. Una metropoli che ricordiamo fredda, buia, deprimente attraverso i grandi e grigi palazzi di Christiane F., dei suoi racconti di esperienze forti ed estreme collegabili all’eroina. Una metropolitana efficiente, ma tetra e su tutti l’orrenda costruzione che dal 1961 ha diviso in due i berlinesi: il muro in cemento armato.

La risposta successiva al 1989 è stata data alla urban street art. Facile abbattere quella barriera, difficile tenerla ancora in considerazione come monumento. Stavolta non alla vergogna, ma come lascito imperituro. In realtà, l’abilità dell’artista risiede anche nel trasformare una catastrofe in un dono prezioso. L’eruzione del Vesuvio ha fermato il tempo al 79 d. C. Questa catastrofe ha reso tangibile a tutti la street art, dal thermopolium alle scritte elettorali. Non di meno, gli ex voto che adornano le pareti del santuario dedicato alla Madonna, sono una forma iconica di arte. Dalle potenziali disgrazie che possono avvenire in strada, viene celebrata l’arte sacra col connubio di popolarità e suggestione: pop, holy & street art. Ecco allora che Pompei è l’unico luogo al mondo che attraverso duemila anni di storia potrà continuare a stupire e immortalarsi nella mente di chi passeggia nel paesaggio. Pompei si avvia ad offrire lo stesso lascito che Berlino offre ai propri visitatori. Tutto dalla felice intuizione di Nello Petrucci, uno che di arte se ne intende, non fosse altro che perché la crea in prima persona. Così, accanto a Roma antica ed al Cristianesimo, Pompei ha riqualificato intere aree nelle due precedenti edizioni del suo Festival della street art.  In effetti, grandi e piccole arterie urbane sono fonte di stimoli creativi. Lo street-style detta legge tanto quanto gli abiti che sfilano sulle passerelle, per rivolgersi alle grandi pareti dipinte dei grattacieli della street art. Si tratta non tanto di contaminazioni in una sequenza logica. Non si passa dai muri, ai tavoli da disegno, dalle sartorie fino alle passerelle. Si parla più che mai di cross medialità della moda, dall’arte ad un vestito di alto pregio in una sfilata. Le grandi maison compiono vere e proprie spedizioni, incursioni in spazi urbani alla ricerca di talenti. Ma non solo. Invece d’investire milioni di euro in forme tradizionali di pubblicità, con mezzi di affissione di consolidata tradizione, il connubio tra moda e street art diventa un circolo virtuoso. I grandi brand hanno a cuore l’ambiente col riciclo di tessuti e di ogni forma di materiale di produzione delle proprie creazioni di alta moda. La logica del mercato smette di essere impenetrabile.

Quello che piace alle persone, soprattutto come veicolare la propria offerta commerciale, sarà un progetto di urban street art trasferita all’impresa. Un ampio scenario, che coinvolge in modo allargato diverse dimensioni professionali, già all’interno dell’azienda. Ne fanno parte modelli operativi sul modo di concepire l’arte, vista come un prodotto complesso, in grado di generare momenti di coinvolgimento, comunicazione e approfondimento sociale anche attraverso l’efficace strumento del marketing culturale. Ancora una volta la riconoscibilità dello stile urbano dell’arte diventa immediata. Se abbiamo visto per strada decine di rappresentazioni di quanto di più gradevole possa apparire ai nostri occhi, se contestualizzato il tutto con l’ambiente in cui viviamo, allo stesso modo sarà conseguentemente immediata la rappresentazione dei riferimenti chiave di vision e mission aziendale. Talvolta si dice che un attore talentuoso o un grande venditore sono bravi poiché vengono dalla strada. Se un’azienda vuole comunicare genuinità, spontaneità, tradizione, innovazione, globalità, la comunanza d’intenti non può che arrivare in modo diretto al pubblico di riferimento dalla strada. Con la stessa forza direzionale con la quale è possibile pensare che sia necessario accelerare il passo, perché si rischia di perdere un treno, quello dell’innovazione. Siamo stati educati a reputare l’arte come patrimonio diffuso dell’umanità, ma allo stesso tempo confinata in precisi ambienti come musei e gallerie. Lo scenario, probabilmente ancora incompleto, dei luoghi deputati ad accogliere l’arte nelle sue multiformi espressioni è sicuramente molto più ampio e differenziabile. Archivi e pinacoteche ospitano preziosi reperti, ma le città sono anche parchi, strade trafficate, quartieri residenziali. Perché non esportare questo paradigma di spazi aperti e diffusi anche nel contesto dei luoghi di lavoro? A questo hanno già pensato gestori d’impresa e uomini d’affari. Colpiti dalla passione del collezionismo ed entusiasmati dalla bellezza dell’arte, hanno compreso come rendere bello l’ambiente di lavoro significhi anche renderlo buono. Ci sono tante esperienze e storie da raccontare: tutte in un posto migliore in cui lavorare.

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